Un traguardo che sembrava impensabile fino a pochi mesi fa è stato raggiunto. La campagna “Stop Killing Games”, nata per proteggere i videogiochi dall’obsolescenza programmata, ha superato la soglia critica di un milione di firme. Ma la battaglia, come ci insegna ogni buon videogioco, è tutt’altro che finita.
C’è stato un tempo, non così lontano, in cui acquistare un videogioco significava possederlo. Una cartuccia, un disco, un pezzo di software che, una volta tuo, rimaneva tale. Un concetto quasi arcaico oggi, nell’era dei giochi come servizi, delle licenze d’uso e dei server pronti a staccare la spina, portandosi via per sempre interi mondi virtuali per cui abbiamo pagato. È contro questa deriva che un milione di giocatori ha deciso di alzare la voce, aderendo all’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “Stop Killing Games”.
L’iniziativa, promossa con tenacia dallo youtuber Ross Scott, ha ufficialmente superato il milione di firme verificate, un requisito fondamentale per obbligare la Commissione Europea a prendere in considerazione una proposta legislativa. Tuttavia, la strada è ancora in salita. Come ha spiegato lo stesso Scott, per garantire che il traguardo sia valido al netto di firme duplicate, non valide o provenienti da cittadini non UE, l’obiettivo reale è di raggiungere 1,4 milioni di adesioni. La corsa contro il tempo è serrata: il termine ultimo per la raccolta firme è fissato per la fine di luglio.
La Genesi di una Battaglia: da The Crew all’Unione Europea
Questa crociata per i diritti dei consumatori digitali non nasce nel vuoto. La scintilla che ha innescato l’incendio è stata la controversa decisione di Ubisoft di chiudere definitivamente i server di The Crew all’inizio del 2024, rendendo il gioco, un titolo always-online, completamente inaccessibile anche per chi lo aveva regolarmente acquistato. È stata questa mossa, percepita da molti come un’ingiustizia, a spingere Ross Scott, già noto per la sua serie YouTube “Game Autopsy”, a lanciare la campagna.
Personalmente, ho sempre trovato frustrante l’idea che un prodotto per cui ho pagato possa semplicemente svanire per una decisione aziendale. La campagna “Stop Killing Games” articola proprio questo malcontento, trasformandolo in una richiesta concreta e legalmente strutturata. Non si chiede l’impossibile, come mantenere attivi per sempre server costosi, ma si esige che gli editori siano legalmente obbligati a garantire la perpetuità del gioco in altre forme.
Cosa si Chiede, in Pratica?
Le richieste dell’iniziativa sono chiare e mirano a rendere la “morte” di un videogioco un evento gestito e non un semplice delete. Tra le soluzioni proposte, si chiede che un publisher, nel momento in cui decide di terminare il supporto online, sia obbligato a:
- Implementare una patch che abiliti il matchmaking peer-to-peer, permettendo ai giocatori di connettersi direttamente tra loro.
- Rilasciare il software dei server alla comunità, consentendo a gruppi di appassionati di ospitare i propri server privati.
- Rimuovere, tramite un aggiornamento finale, ogni forma di DRM o di controllo online che impedisca l’avvio del gioco in modalità offline.
In pratica, si chiede che la nostra ludoteca digitale non abbia una data di scadenza decisa a tavolino da un reparto marketing. È una battaglia per il diritto di proprietà nell’era digitale e per la preservazione dei videogiochi come opere culturali, un tema che, come giornalista, ritengo di fondamentale importanza.
Il raggiungimento del milione di firme è un segnale potentissimo inviato all’industria e alle istituzioni. Dimostra che i giocatori non sono più disposti a essere trattati come semplici affittuari di licenze a tempo. Ora, con la volata finale per consolidare il risultato e la successiva discussione che dovrà avvenire in seno alla Commissione Europea, la partita entra nel vivo. Questa non è solo una battaglia per *The Crew*. È una battaglia per il futuro di ogni gioco che acquistiamo. E un milione di giocatori ha appena dimostrato che non sono più disposti a stare a guardare mentre la loro passione viene “uccisa” con un clic.

Consulente di comunicazione, marketing automation, social media, SEO ed e-commerce. Ex-grafico, saltuariamente web designer, impaginatore, copertinista e addentrato quanto basta in tutto ciò che riguarda l’Internet. Appassionato di narrativa, arti visive e cinema di menare. Nerd. Gamer. Warrior Tank e raid leader a zero chill. Se non sapete riconoscere una void zone quando vi spawna sotto i piedi questo non è il posto per voi.
Vivo e lavoro come freelancer in provincia di Taranto.
He/Old