Ok, diciamolo chiaramente: Clair Obscur: Expedition 33 è sulla bocca di tutti, ed è un bene. Il titolo d’esordio dello studio indipendente francese Sandfall Interactive, pubblicato da Kepler, ha letteralmente sbancato. Uscito nell’aprile 2025 su PS5, PC e Xbox Series X/S, ha macinato vendite impressionanti (oltre un milione di copie in tre giorni, numeri da capogiro per una nuova IP indie!), ha raccolto voti stellari dalla critica (media Metacritic stabilmente sopra il 90) e ha scatenato un passaparola entusiasta. Un successo travolgente e, bisogna dirlo, strameritato per questo nuovo e affascinante RPG a turni.
Le ragioni sono evidenti e ne abbiamo già parlato: una direzione artistica “Belle Époque dark fantasy” che è una gioia per gli occhi, realizzata con una ottimizzazione sbalorditiva nonostante quella pietra dell’Unreal Engine 5 (roba che sembrava impensabile per un team “piccolo” e dove hanno più o meno fallito anche i grossi); un sistema di combattimento a turni “reattivo” che, pur mantenendo la base strategica, la ibrida con parate, schivate e contrattacchi in tempo reale che ti tengono incollato allo schermo; una storia cupa, matura (pure troppo, forse, tra riferimenti al suicidio e alcuni protagonisti con meno scrupoli dei villain stessi), che affronta temi come la mortalità e la perdita con una sensibilità non comune; personaggi scritti benissimo e una colonna sonora da pelle d’oca composta da Lorien Testard. Aggiungiamo il lancio furbissimo fin dal Day One su Xbox Game Pass, che ha dato al gioco una visibilità planetaria immediata, e il quadro è completo. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno (ma fino a un certo punto), un esempio lampante di come un indie JRPG possa raggiungere vette altissime.

Un Passato Glorioso e un Presente Complicato per i JRPG
Prima di andare avanti, però, facciamo un passo indietro. Perché l’entusiasmo per Expedition 33 è così palpabile? Forse perché arriva dopo anni in cui il genere JRPG, quello con la “J” maiuscola che indica non più da decenni solo l’origine geografica ma uno *stile* e una *filosofia di design*, sembrava aver perso un po’ la bussola, almeno sul fronte delle produzioni ad altissimo budget.
Ricordiamoci che i JRPG sono stati una colonna portante della storia videoludica, capaci di generare vendite multimilionarie e fanbase appassionate. Negli anni ’90, l’era d’oro dei 16-bit (SNES superstar) e poi della prima PlayStation, titoli come Final Fantasy VI, Chrono Trigger, Suikoden II o lo stesso Final Fantasy VII (che sdoganò il genere in occidente) o perle di culto come Breath of Fire di Capcom non erano solo giochi di ruolo: erano eventi culturali (e io me lo ricordo bene, perché a quei tempi già giocavo). Definivano le aspettative dei giocatori in termini di narrazione, profondità dei personaggi, sistemi di gioco complessi e mondi vasti da esplorare. Erano IL genere per chi cercava storie epiche e coinvolgenti su console, regolarmente inseriti nelle classifiche dei migliori videogiochi di tutti i tempi.
Poi sono arrivati gli anni più difficili, diciamo dall’era HD (PS3/Xbox 360) in poi. I costi di sviluppo sono esplosi, i gusti del mercato mainstream occidentale si sono spostati verso altri lidi (FPS, open world action), e molte case giapponesi hanno faticato ad adattarsi. È qui che abbiamo iniziato a vedere un fenomeno preoccupante: la progressiva “ibridazione” o, diciamolo pure senza peli sulla lingua, l’annacquamento dell’identità JRPG in molti franchise storici, quasi una loro “bastardizzazione”. La necessità di piacere a un pubblico globale più vasto, forse percepito come refrattario ai giochi a turni e alle meccaniche più riflessive, ha spinto verso l’azione a tutti i costi.

Il culmine di questa tendenza? Per molti, è rappresentato da Final Fantasy XVI. Intendiamoci, un gioco d’azione spettacolare, tecnicamente impressionante, con una storia interessante. Ma un JRPG? Difficile definirlo tale. Le meccaniche di ruolo sono ridotte all’osso, la strategia quasi assente, la progressione semplificata. È un eccellente *action game* con il nome “Final Fantasy” sopra, ma segna un punto di rottura, un allontanamento quasi totale da quelle radici – la strategia, la gestione del party, la personalizzazione profonda – che avevano reso grande la serie e il genere stesso. E questo ha lasciato molti fan storici con l’amaro in bocca, alla ricerca di esperienze che sapessero evolvere senza snaturarsi.
Expedition 33: Segnale di Rinascita JRPG o Brillantissima Conferma?
Ecco perché Clair Obscur: Expedition 33 ha colpito così forte. Arriva e dice:
“Ehi, si può fare un gioco visivamente all’avanguardia, moderno, accessibile *e* mantenere un cuore pulsante strategico basato sui turni!”.
Certo, lo ibrida con elementi action (un genio su Threads lo ha definito “Sekiro Final Fantasy”), ma la struttura di fondo, la selezione dei comandi, la gestione del party rimangono centrali. E questo, per molti, è sembrato un segnale, quasi un ritorno alle origini dopo la “sbornia” action, una potenziale scintilla per la rinascita JRPG.
Ma – ed eccoci al punto cruciale del nostro discorso – è davvero Expedition 33 a dare il via a questa rinascita? È davvero questo gioco, per quanto magnifico, a riportare in auge il JRPG? La risposta, se siamo onesti, è no. Non perché non sia importante, ma perché la rinascita JRPG era già abbondantemente iniziata da un bel po’, su altri fronti. Clair Obscur è un sintomo incredibilmente positivo, non la causa scatenante.

Il Ruolo Chiave di Atlus e lo Stile Inconfondibile
Dobbiamo per forza parlare di Atlus. Signor*, Persona 5 (uscito originariamente nel 2016, ricordiamolo!) è stato un terremoto. Con il suo stile grafico inconfondibile (che molti rivedono, per certi versi, anche nell’UI di Clair Obscur), la colonna sonora trascinante, un sistema di combattimento a turni profondo e stiloso (il “One More”!) e l’integrazione geniale con elementi social sim, ha fatto breccia nel cuore di milioni di giocatori in tutto il mondo. Ha venduto cifre astronomiche per un JRPG “classico” nei suoi fondamentali (oltre 10 milioni di copie considerando l’intera “serie Persona 5”), ha influenzato l’estetica di tantissimi altri giochi ed è diventato un fenomeno culturale. Ha dimostrato che non serviva snaturarsi per avere successo globale, anzi: l’identità forte e riconoscibile era la chiave. E Atlus ha continuato su questa strada con ottimi titoli come Shin Megami Tensei V e i vari remake/port (come Persona 3 Reload o il remake di quella cosa Sadica di SMT3: Nocturne), che hanno ulteriormente consolidato la sua posizione di baluardo del JRPG moderno di qualità.
La Forza degli Indie JRPG e l’Innovazione “Classica”
E poi c’è il sottobosco, quel mondo meraviglioso e vitale che è la scena indie. Mentre i colossi inseguivano l’action, tantissimi sviluppatori più piccoli, spesso occidentali ma cresciuti con i capolavori giapponesi, hanno tenuto viva la fiamma del JRPG più tradizionale. Giochi come Chained Echoes (2022, in arrivo un DLC, dove c’è un PG con meccaniche molto simili a quelle del nostro Monoco) e Sea of Stars (2023, anche qui DLC in arrivo) sono esempi perfetti (ma anche in misura minore piccoli omaggi ben riusciti come Battle Chasers: Nightwar e Ruined King). Hanno preso l’estetica e le meccaniche dei classici a 16-bit, ma le hanno raffinate, modernizzate (eliminando il grinding eccessivo, eliminando gli odiosissimi incontri casuali dal nulla, migliorando le interfacce), e spesso hanno introdotto innovazioni intelligenti proprio nei sistemi di combattimento.

E qui sta un punto fondamentale, che collega questi indie proprio a Clair Obscur: l’innovazione vista nel combattimento reattivo di Expedition 33 o nei timed hits di Sea of Stars non è un tradimento della formula classica, ma un’evoluzione che affonda le sue radici *in altri classici JRPG*. Non si sono inventati nulla di completamente alieno al genere. Elementi di input attivo durante i turni esistevano già in JRPG storici!

Pensiamo agli “Additions” di The Legend of Dragoon sulla prima PlayStation, o al geniale “Judgment Ring” della serie Shadow Hearts su PS2. Erano modi per rendere il combattimento a turni più coinvolgente e basato sull’abilità del giocatore, esattamente quello che fa Expedition 33. Questi giochi indie e Clair Obscur non stanno quindi scimmiottando l’action puro alla FFXVI; stanno riscoprendo e modernizzando idee nate *all’interno* della tradizione JRPG per mantenerla fresca e dinamica. È un’evoluzione organica, un ritorno a un design profondo, non uno snaturamento.

Non Dimentichiamo i Giganti (quelli storici) e i Remake
Non dimentichiamoci poi che, anche sul fronte delle grandi produzioni, la fiamma del JRPG classico o moderno ma fedele a sé stesso non si era mai spenta del tutto. Dragon Quest XI S ha dimostrato che un JRPG a turni ultra-tradizionale può ancora vendere milioni di copie ed essere acclamato universalmente. La serie Xenoblade Chronicles ha continuato a offrire mondi vastissimi e sistemi complessi su Switch. Tales of Arise ha rivitalizzato la sua serie con successo, pur virando sull’action (ma qualcosa mi dice che si tornerà ai turni anche lì). Persino Yakuza ha sorpreso tutti con la splendida transizione ai turni di Like a Dragon e Infinite Wealth. E l’ondata di remake di altissima qualità (da Final Fantasy VII Remake/Rebirth, pur con il loro sistema ibrido, a Persona 3 Reload, passando per Super Mario RPG, Star Ocean The Second Story R o l’atteso Suikoden I & II HD Remaster) testimonia un interesse enorme e continuo per questo patrimonio ludico e culturale.

Questione anche di soldi
Vale la pena citare la presenza di Expedition 33 su Game Pass al day one, circostanza che a cui molti hanno associato il suo successo, anche se sappiamo che non è sempre così, visto che la maggior parte dei titoli distribuiti subito sulla piattaforma Xbox non hanno un successo di vendite esterno (e Steam) abitualmente così alto. Il dettaglio che però non deve sfuggire è che Microsoft nei giochi day one ci mette i soldi. E Microsoft non investe su qualunque cosa. Non dimentichiamo che – in quella che verrà ricordata come una delle peggiori analisi di mercato della Storia del Gaming – si rifiutarono di finanziare Baldur’s Gate 3, costringendo Larian a optare per l’early access di Steam, perché il CRPG veniva considerato un genere non redditizio (tant’è che BG su Game pass ancora non si è visto e dubito lo vedremo mai). Questo problema per il titolo di Sandfall non c’è stato. Perché in Microsoft imparano dai propri errori? Non prendiamoci in giro il capitalismo non funziona così; Semplicemente l’interesse per i JRPG era nell’aria da abbastanza tempo da giustificare l’upfront (senza nulla togliere al talento di Sandfall). I titoli e i numeri che ho citato finora li hanno potuti raccogliere tranquillamente anche nella software house di Redmond come ho fatto io.
Conclusione: Clair Obscur è una Splendida Conferma, Non necessariamente un Nuovo Inizio per i JRPG
Quindi, famo a capisse. Clair Obscur: Expedition 33 è un trionfo, un gioco eccezionale che merita tutto il successo che sta avendo e che alza ulteriormente il livello qualitativo, specialmente nel segmento “premium indie” o “AA”. È la conferma che si possono creare esperienze JRPG visivamente sbalorditive e meccanicamente profonde anche fuori dal Giappone e dalle strutture AAA tradizionali. Ha dato una scossa al mercato e ha riacceso l’entusiasmo per un certo tipo di RPG ad alto budget ma con un’anima strategica?
Senza dubbio. Ma non è l’inizio della rinascita del JRPG.
È piuttosto la ciliegina sulla torta – una ciliegina spettacolare, sia chiaro, realizzata con maestria e passione – di una rinascita che era già in corso da anni, alimentata dal lavoro incredibile di studi come Atlus, dalla passione degli sviluppatori indipendenti che hanno tenuto accesa la torcia della tradizione innovandola dall’interno (attingendo da perle come i già citati Legend of Dragoon o Shadow Hearts, ma anche lo sfortunato Lost Odissey), e sulla resilienza di alcuni franchise storici che non hanno voluto tradire la loro natura. Expedition 33 è la innegabile conferma che quella strada è giusta, che c’è un pubblico enorme affamato di esperienze JRPG profonde, ben scritte, visivamente appaganti e meccanicamente stimolanti, capaci di evolversi senza dimenticare da dove vengono.
È una stella brillantissima in un cielo che, per fortuna, era già tornato a riempirsi di astri luminosi. E questa, ammettiamolo, è una notizia fantastica per tutti noi, veterani come me – sui cui l’effetto nostalgia è forte – o nuovi player che vogliono scoprire un tipo di game design che ha giustamente fatto la Storia.

Consulente di comunicazione, marketing automation, social media, SEO ed e-commerce. Ex-grafico, saltuariamente web designer, impaginatore, copertinista e addentrato quanto basta in tutto ciò che riguarda l’Internet. Appassionato di narrativa, arti visive e cinema di menare. Nerd. Gamer. Warrior Tank e raid leader a zero chill. Se non sapete riconoscere una void zone quando vi spawna sotto i piedi questo non è il posto per voi.
Vivo e lavoro come freelancer in provincia di Taranto.
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