“Ritorniamo dall’oblio, risorgendo come una fenice,” afferma Alex Hutchinson, direttore creativo di Revenge of the Savage Planet. Cinque anni fa, il primo – e inaspettatamente ultimo – titolo del precedente studio di Hutchinson, Typhoon, Journey to the Savage Planet, riscosse un discreto successo di culto. Un divertente sparatutto in prima persona ambientato su un mondo alieno, con battute sull’avidità corporativa e la stupidità umana in un futuro lontano. Poi Google acquisì lo studio e ne chiuse la divisione videogiochi nello stesso giorno del lancio di Journey sulla piattaforma di streaming Stadia.
Questa vicenda quasi comica ha spinto Hutchinson, nel suo nuovo studio Raccoon Logic, a dare al seguito Revenge of the Savage Planet un taglio satirico più incisivo.
“Abbiamo riacquistato i diritti da Google e dalla precedente casa editrice, e siamo entusiasti. È stata un’esperienza faticosa nel complesso. Credo che, in definitiva, tutti vogliano creare videogiochi, ma naturalmente ci si scontra con le realtà del mercato,” ha detto Hustichson riguardo all’esperienza con Google Stadia. “Negli ultimi anni il settore videoludico ha assistito a molti casi simili, ma bisogna approcciare la creazione di giochi con serietà e impegno, e capire che non è magia. Con questo gioco, siamo rimasti uno studio piccolo; siamo ancora solo 30 persone, il che ci dà un senso di stabilità, ed è davvero positivo.”
Le difficoltà nel riavere i diritti del proprio gioco e le turbolenze degli ultimi anni nell’industria videoludica hanno alimentato il concept del sequel, che si propone come una “distopia divertente ma ottimista”.
Similmente all’originale, in Revenge of the Savage Planet i giocatori vestono i panni di un esploratore spaziale anonimo e di basso rango incaricato di esplorare pianeti lontani per la Kindred Technologies. Dopo Journey, la Kindred è stata acquisita da un’altra società, diventandone una sussidiaria. Pur rimanendo una forza potente nei viaggi spaziali, la Kindred continua a dimostrare profonda incompetenza nelle questioni di sicurezza dei propri dipendenti e dei pianeti che si propone di colonizzare.
Con Revenge of the Savage Planet, il protagonista – e altri alleati in modalità cooperativa – esplorerà un gruppo di mondi ricchi di risorse, flora e fauna insolite e vestigia di civiltà perdute. Ma le basi del tono e del ritmo del gioco restano ancorate alla comicità, che prende in giro la singolare storia dello sviluppo del seguito.
Per esempio: ora è in terza persona. Revenge prende in giro la transizione con una scena iniziale che inizia in prima persona, ma vede il protagonista colpito da una scarica elettrica così forte che la telecamera passa alla terza persona alle sue spalle. Mentre l’originale sembrava un mix tra Oddworld: Stranger’s Wrath e Metroid Prime, Revenge of the Savage Planet punta a un platform d’azione 3D più veloce, simile a Ratchet and Clank e, in misura minore, Breath of the Wild.
Rispetto all’originale, Revenge of the Savage Planet offre maggiore libertà di esplorazione e risoluzione di enigmi, mantenendo gran parte degli elementi di design metroidvania del titolo precedente. Ora è più coinvolgente interagire con gli ambienti alieni, ma il passaggio alla terza persona rende la comicità più espressiva. Revenge ha un aspetto più cartonesco, con animazioni e azioni esagerate che ricordano i Looney Tunes. Si adatta perfettamente alla natura stravagante del gioco.
L’umorismo non è fine a se stesso: la comicità di Revenge si integra bene con alcuni nuovi elementi di design, che mi hanno ricordato Breath of the Wild. In un passaggio venivo inseguito da piccoli ma aggressivi roditori. Passando a un’arma da fuoco, ho eliminato alcuni di questi esserini, ma i colpi vaganti hanno incendiato dell’erba nelle vicinanze, propagando le fiamme agli altri nemici in avvicinamento. “Il fuoco brucia l’erba” non è certo rivoluzionario, ma è stato divertente vederlo accadere, e poter escogitare soluzioni stravaganti alle sfide aggiunge molto fascino.
Il sequel offre anche una maggiore personalizzazione del personaggio, adatta alla sua portata ampliata e alla telecamera in terza persona. Oltre ai nuovi abiti, è presente anche la possibilità di costruire una casa, e, come in Fallout 4, il gioco permette di ampliare la propria base sicura con materiali trovati sul pianeta o ottenuti come ricompensa dalla Kindred Technologies.
Secondo Hutchinson, l’approccio del gioco nel fornire ai giocatori una gamma di strumenti e risorse da parte della Kindred rimanda alla satira del capitalismo maturo in un futuro lontano.
“Qualcuno più intelligente di me ha detto che la fantascienza non parla del futuro, ma del presente. Stiamo facendo questa intervista su un videogioco in un parcheggio vicino a un ristorante messicano di fronte a un grattacielo abbandonato nel centro di Los Angeles. Abbiamo semplicemente preso tutte queste idee [dal nostro presente] e le abbiamo esagerate nel futuro, a diverse centinaia di anni di distanza. L’idea è quella di una distopia ottimista ma divertente.
Credo sia molto difficile essere seri in un gioco, come quando i personaggi corrono in giro e ascoltano qualcuno che racconta una terribile storia sulla morte della propria famiglia, e subito dopo lanci gli esplosivi sopra la loro testa. È molto più facile e naturale puntare sull’aspetto comico dei giochi e dire che è un po’ ridicolo.”
Finora, Revenge of the Savage Planet mantiene le peculiarità dell’originale, ma il cambiamento di struttura e prospettiva gli conferisce una propria identità. Anche alcune battute mi hanno colpito, come la stampante 3D della Kindred che funge da punto di respawn per i giocatori. Il gioco mantiene quell’umorismo autoironico e la mentalità “tecnologia avanzata, vita misera” per una visione del futuro che risulta decisamente attuale.
Il direttore creativo spiega come il fallimento di Google Stadia e le attuali sfide del settore videoludico li abbiano spinti avanti.
Una versione di questo articolo è già apparsa su www.pcgamer.com
Absolutegamer è un gruppo di nerd vecchia scuola, progressisti, appassionati di gaming, meglio se indie, saltuariamente retro ma senza essere snob verso l’ultima versione di Unreal Engine, con un atteggiamento no bullshit e con una certa predisposizione all’attivismo. Hanno generalmente un umorismo discutibile ma se volevano piacere a tutti nascevano patate fritte.
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