In questo articolo
- Introduzione: Il “Wokemetro” Post-Lancio e le Sue Oscillazioni
- Un Cast Sotto Esame: Eroi Non Convenzionali o Norma Rivisitata?
- Gustave: L’Eroe “Emotivo” e la Paziente Logica Femminile, Secondo il Web
- Maelle, Lune, la Pittrice e… Sciel: Figure Femminili, Estetiche “Discusse” e la Lente dell’Agenda
- Il Dolore Come Elemento Narrativo: Sofferenza Metafisica per il Grande Pubblico?
- La Belle Époque in Chiaroscuro: Fascino Estetico o Metafora Contemporanea?
- Il Publisher e la Sua Filosofia: “Inclusività” Come Fattore di Successo?
- Appendice Curiosa: E l’Indie Blue Prince? “Woke” Silente?
- Conclusione: Quindi, Era “Woke” o Semplicemente Ben Scritto (e cosa ne pensa la fantomatica “modern audience”)?
Introduzione: Il “Wokemetro” Post-Lancio e le Sue Oscillazioni
Pare che le discussioni non accennino a placarsi e che i riflettori restino puntati su un tema ormai ricorrente. Si torna a parlare di Clair Obscur: Expedition 33, il JRPG di Sandfall Interactive che ha ricevuto il plauso della critica e ha catturato l’interesse di oltre un milione di giocatori nei primi giorni dal suo lancio nel 2025. Il titolo ha proiettato i giocatori in un universo oppresso da una minaccia esistenziale, ponendoli di fronte a scelte morali di notevole peso. Ambientato in una Francia della Belle Époque dal fascino sognante e, al contempo, crepuscolare, il gioco affida il comando della Spedizione 33, impegnata nella disperata missione di “Distruggere la Pittrice, affinché non possa mai più dipingere la morte”. Un successo commerciale e di critica, fin qui i fatti. Tuttavia, a un’analisi più attenta delle pieghe narrative e delle scelte di design, c’è chi si interroga se il cosiddetto “wokemetro” di alcuni attenti osservatori non abbia registrato valori fuori scala. È d’altronde noto, come sottolineato da un utente sul forum di Steam, che il publisher, Kepler Interactive, dichiari apertamente le proprie politiche DEI. L’analisi postuma, ora che il gioco è stato ampiamente sviscerato, si prospetta quantomeno… stimolante.
Un Cast Sotto Esame: Eroi Non Convenzionali o Norma Rivisitata?
Analizziamo i personaggi, ora che le loro azioni sono note. Il termine “woke”, la cui origine è legata alla consapevolezza delle ingiustizie razziali, si è trasformato in un’etichetta applicata a un ampio ventaglio di istanze di giustizia sociale. Clair Obscur, con la sua acclamata esplorazione dell'”umanesimo – un elogio al sacrificio, alla forza di volontà e alla capacità di andare avanti” – e al sacrificio per le generazioni future (“for those who comes after”), ha indubbiamente rappresentato un’umanità complessa e sfaccettata. Figure come Gustave e Lune, alla guida della spedizione con la tragica consapevolezza di avere “solo un anno da vivere”, hanno incarnato un fardello che si discosta dall’eroismo più convenzionale. Questa attenzione alla fragilità e alla determinazione collettiva, lontana da certi stereotipi abusati, potrebbe essere una delle ragioni del suo successo e, per alcuni osservatori, un segnale di una certa sensibilità… particolare?
Gustave: L’Eroe “Emotivo” e la Paziente Logica Femminile, Secondo il Web
Ed è qui che il dibattito si è infiammato. Gustave, uno dei protagonisti, è stato oggetto di attenzione da parte di alcuni utenti del web (come il nominato Spooky Bunyip, animatore di discussioni post-lancio) per una rappresentazione della mascolinità giudicata atipica. Stando a queste letture, subito dopo il tutorial, il protagonista si sarebbe lasciato sopraffare dalle emozioni, arrivando a “compromettere quasi l’ultima speranza di successo a causa della sua eccessiva emotività”. Fortunatamente, una “figura femminile logica e composta” (presumibilmente Maelle) sarebbe intervenuta con pragmatismo, riportandolo sulla retta via e, a quanto pare, “prendendo le redini della situazione”. La scena, stando sempre a queste fonti, si sarebbe ripetuta: al primo accampamento, Gustave avrebbe nuovamente dato segni di cedimento emotivo, mettendo a repentaglio la missione, finché una certa “Lune” (personaggio noto ai giocatori e citata nella medesima discussione) non gli avrebbe esposto i “fatti logici della situazione”, riuscendo a placarlo. Un uomo in preda ai sentimenti che necessita della guida razionale femminile per evitare il tracollo? Se non è un tentativo riuscito di sovvertire lo stereotipo dell’eroe tutto d’un pezzo, poco ci manca. La cosiddetta “mascolinità tossica” sembra essere stata accantonata, in favore di un’emotività… strategicamente supportata e, a quanto pare, ben recepita dal pubblico.

Maelle, Lune, la Pittrice e… Sciel: Figure Femminili, Estetiche “Discusse” e la Lente dell’Agenda
Se Gustave ha mostrato le sue vulnerabilità, le figure femminili si sono certamente distinte per logica e forza. Maelle, co-protagonista, si è rivelata personaggio di primo piano. È lei, come emerso dalle discussioni online, a riportare Gustave alla realtà, trovandosi al centro di scelte cruciali con il potenziale di alterare il destino del mondo, anche a costo personale. E Lune, figura che con pragmatismo ha raddrizzato le sorti della missione quando l’emotività maschile vacillava? C’è poi la Pittrice, l’antagonista che “dipingendo un numero maledetto, condanna tutti coloro che raggiungono quella specifica età a trasformarsi in fumo e a svanire”. Lungi dall’essere una semplice incarnazione del male, si è rivelata una figura “malinconica”, forse anch’essa una vittima, con una natura complessa legata a Maelle e alla sofferenza del “mondo reale”.
Personaggi femminili forti, centrali e complessi, peraltro privi di quell’ipersessualizzazione che in passato ha talvolta caratterizzato il genere. Tuttavia, il vero banco di prova per il “wokemetro” è arrivato con Sciel, la maestra dalla carnagione olivastra. A seguito dell’analisi approfondita del gioco, una porzione di pubblico, evidentemente contrariata dalla sua estetica originale, si è prodigata nella creazione e nel download (oltre 3000 al momento!) di un mod per “sbiancarla”. Come riportato da alcune testate, questo mod, “Sciel untanned – lighter skin”, ha innescato un acceso dibattito, con commenti che lo definivano “based” e richieste di ulteriori “migliorie” come capelli biondi, occhi azzurri e la rimozione di lentiggini e della cicatrice sul naso – tutti tratti distintivi del personaggio originale. Ed ecco servita la ben nota lamentela “anti-woke”: personaggi femminili resi “meno attraenti” per supposte finalità ideologiche. Che Sciel, con la sua epidermide olivastra e i suoi tratti unici, fosse una vittima designata di questa particolare crociata estetica? La visione artistica del team di sviluppo si scontra frontalmente con il desiderio di una parte dei giocatori di vederla esteticamente “normalizzata”? Viene da sorridere pensando a quando si attribuì a consulenti esterni la responsabilità dell’aspetto “meno attraente” di Anya Chalotra in Unknown 9, quando si trattava, più banalmente, di una qualità grafica non eccelsa.

Il Dolore Come Elemento Narrativo: Sofferenza Metafisica per il Grande Pubblico?
Clair Obscur non ha esitato ad affrontare tematiche complesse, e il pubblico sembra aver gradito. Il dolore, come presentato, è stato un “elemento propulsore della narrazione”. Il gioco ha posto interrogativi su “come il dolore possa essere allo stesso tempo curativo e distruttivo?” e sul “diritto di soffrire… considerando però anche l’effetto del proprio dolore sulla famiglia e sui propri cari”. Non esattamente la solita trama sulla principessa da salvare. Qui si è parlato di “realtà contro finzione” e di un mondo rappresentato come un dipinto legato al tema del lutto. Questa apprezzata esplorazione del lutto e della sofferenza non sarà forse un riflesso di una crescente sensibilità verso la salute mentale e l’elaborazione del trauma, argomenti notoriamente cari a un certo pensiero progressista? Aver spinto i giocatori a confrontarsi con “scelte finali particolarmente toccanti”, che mettono in discussione la validità delle proprie esperienze emotive, è stata una scommessa audace che si è rivelata vincente. Forse il pubblico era semplicemente pronto per contenuti più “adulti” e consapevoli rispetto ai triti cliché di genere.
La Belle Époque in Chiaroscuro: Fascino Estetico o Metafora Contemporanea?
L’ambientazione nella Francia della Belle Époque si è rivelata una scelta estetica acuta e, al contempo, tematicamente risonante. Quest’epoca, celebrata per il suo effervescente ottimismo artistico e tecnologico, celava, come il gioco ha efficacemente suggerito, “un malessere più profondo, una fragilità esistenziale” e una palpabile “decadenza”. Una contraddizione che ha fornito un perfetto sfondo alle tematiche del gioco. La “luce di Lumière… costantemente intersecata da ombre, affievolita da un’acuta consapevolezza della perdita” è diventata una metafora efficace, forse persino del nostro presente. La filosofia del “chiaroscuro”, adottata dagli sviluppatori come fondamento tematico, in cui la “verità non è mai completamente svelata, ma resta sempre parzialmente celata”, si è tradotta in un invito a guardare oltre le apparenze. Un successo basato sulla complessità e sull’ambiguità, in un mercato che spesso sembra preferire la chiarezza immediata? Forse un altro indizio di una certa evoluzione dei gusti (o delle agende).
Il Publisher e la Sua Filosofia: “Inclusività” Come Fattore di Successo?
E se le fondamenta del successo del gioco risiedessero nella filosofia stessa dell’editore? Come già accennato, Kepler Interactive, il publisher, non cela il proprio orientamento. Sulla loro pagina “Chi siamo” si può leggere: “Coltiviamo una comunità vivace e inclusiva in cui le persone si sentano sicure, rispettate e valorizzate”. Una dichiarazione che, alla luce del trionfo di Clair Obscur, assume una connotazione interessante. Che sia questa la ricetta? Un ambiente di lavoro e una filosofia aziendale che pongono l’accento su sicurezza e rispetto potrebbero forse tradursi in prodotti più maturi e, in ultima analisi, più apprezzati da un pubblico in cerca di autenticità e profondità, anche quando tali prodotti vengono etichettati, da alcuni, come “DEI/ESG/woke”?

Appendice Curiosa: E l’Indie Blue Prince? “Woke” Silente?
Ma non si pensi che Clair Obscur sia l’unico titolo ad aver attivato certi sensori di “allerta”. Prendiamo in esame un altro gioco che ha generato discussioni: l’avventura rompicapo roguelike Blue Prince, dello studio indipendente Dogubomb. Anche qui, a ben guardare, gli elementi per un’analisi “orientata” non mancano. Lo sviluppatore Tonda Ros ha dichiarato che Blue Prince è “essenzialmente un gioco sulle persone che formulano ipotesi, nutrono aspettative e scoprono nel tempo che le loro supposizioni erano errate, vedendo poi le proprie aspettative superate”. Suona familiare? Una decostruzione delle aspettative, un invito a interrogarsi sulle proprie certezze… un approccio che potrebbe essere letto come una critica alle narrazioni più convenzionali. E che dire della sua struttura, dove la “conoscenza” è la ricompensa principale, un po’ come in Outer Wilds, e la verità sulla magione viene costruita interattivamente, quasi fosse un “campo da gioco epistemologico”? Sembra quasi suggerire che non esistano verità assolute, ma solo interpretazioni soggettive, e questo già farebbe allertare gli essenzialisti che sbroccano contro le scienze intersezionali. Se a ciò aggiungiamo che la vicenda si dipana in una “grande storia politica che abbraccia generazioni”, toccando temi come l’eredità e la responsabilità, e che lo stesso sviluppatore ha ammesso di aver creato il gioco “per sé stesso e secondo la propria visione”, non “per accontentare tutti”, il quadro si fa decisamente… ricco di spunti. Un titolo indipendente che sfida le convenzioni e l’idea di un finale univoco, stimolando una riflessione meta-narrativa? Acuto? Indicativo? Difficile dirlo, ma si ha la sensazione che certi commentatori potrebbero trovare il primo livello particolarmente ostico.
Conclusione: Quindi, Era “Woke” o Semplicemente Ben Scritto (e cosa ne pensa la fantomatica “modern audience”)?
In conclusione, il successo di Clair Obscur: Expedition 33, con i suoi elementi interpretabili come “woke” – dall’eroe maschile vulnerabile alle figure femminili forti, dall’estetica atipica di Sciel, alla riflessione sul dolore e all’inclusività dichiarata dal publisher – solleva una questione degna di nota. Si è trattato di un’astuta operazione di marketing mirata a un pubblico particolarmente sensibile a certe tematiche, oppure è la semplice dimostrazione che giochi maturi, ben sceneggiati e coraggiosi nell’esplorare la complessità dell’esperienza umana nascono in ambienti con quei valori (quando non sono semplicemente washing)? La stessa domanda potrebbe essere posta per piccole perle indipendenti come Blue Prince. Forse, come il chiaroscuro di Clair Obscur suggerisce, la verità risiede nelle sfumature, e un videogioco può essere contemporaneamente un’opera d’arte consapevole e un prodotto di vasto successo commerciale. Oppure, naturalmente, è proprio questo che si vuole far credere.
Ai giocatori l’ardua sentenza.

Laureata in visual design allo IED, appassionata di videogiochi da quando rubò una vecchia PS1 malconcia a suo fratello maggiore. Ama i metroidvania, i survival game, i suoi gatti, Sylvia Plath e il burro di arachidi. Attivista transfemminista, probabilmente ne sa più di voi su molte cose ma prova a non farvelo notare, resistendo tutto il giorno al bisogno di mandarvi a cag*re. Legacy of Kain: Soul Reaver le ha cambiato la vita e non solo perché Raziel non aveva una identità sessuale definita.
She/Her.



